domenica 25 marzo 2012

You, the living - Recensione


You, the living di Roy Andersson - Genere: drammatico/surreale - Prod. internazionale 2006

In un'anonima città svedese s'intrecciano storie di vite umane alle prese con solitudini e inquietudini, ferocemente ingabbiate in scarse soddisfazioni e mancanze di prospettive future. E allora, in un'atmosfera costantemente rarefatta dalla nebbia densa e dal grigiore metropolitano, si muovono figure diafane, che naufragano all'interno della loro anima incerti su dove andare, cosa fare e perché: c'è la giovane maestra che litiga per motivi futili con il marito, c'è la ragazzina follemente innamorata di un giovane musicista, c'è una donna che sfoga sul compagno e nel bere le sue frustrazioni. Ognuno di loro cerca però di rimanere a galla, di reagire con la musica e con l'autoironia, facendosi quasi caricatura di se stesso e delle sue problematiche esistenziali.

Acclamata da molti come un'opera rivoluzionaria e rigettata da altrettanti come una enorme pellicola confusiva senza né capo né coda, bisogna ammettere che l'opera di Andersson è una delle cose più strane e particolari che la cinematografia contemporanea ci abbia regalato. Un film senza trama, dove non succede assolutamente nulla, dove i personaggi si parlano fra loro se non attraverso frasi fatte, vuote e senza senso. Attraversano paesaggi grigi come le loro esistenze e non evolvono: non c'è azione, il film è l'apoteosi della stasi.
In un'ora e venti di film si succedono delle scenette, dei piccoli bozzetti umani che accompagnati da una musica bandistica costituiscono il cuore della narrazione, un viaggio allucinatorio nell'esistenza umana.

Il film, nonostante questa apparenza "granitica" non annoia, anche se la progressione di scene diventa a lungo andare un po' monotematica e nel procedere della storia si perde un po' dello stralunato mordente iniziale. Rimane intatto invece l'interesse che è sia tecnico (bellissimi alcuni angoli di ripresa) e filosofico: Andersson riesce nella difficilissima impresa di produrre un discorso compiuto e contemporaneo sulla condizione dell'uomo (oltre che, più incidentalmente, su altri aspetti come il rapporto fra l'uomo e lo spazio) pur senza ricadere nello stereotipo fossilizzante della narrazione.
Una pellicola assolutamente da vedere, insomma anche se necessita di un'attenzione serrata e vigile per tutto il tempo: non un film per il sabato sera spensierato con la fidanzata, ecco.

VOTO: 9/10

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